Pianificare la Residenza per Tutelarsi, almeno in parte, dall’Oppressione Fiscale
Operare con banche offshore è un atto di legittima difesa. La persecuzione fiscale è una delle due leve fondamentali di politica economica che può essere usata, e si usa, proprio per rallentare e/o strozzare la crescita economica e la sua inflazione, causa e conseguenza della crescita. Quando il denaro non circola, l’economia si ferma e il denaro non circola quando non viene mezzo in circolazione e/o quando viene sottratto con le imposte, causa e conseguenza della deflazione. In microeconomia, questo equivale a dire che l’imprenditore strozzato da un effetto di trascinamento di un drenaggio fiscale che supera il 70% (il cosiddetto Fiscal Drag) come per esempio accade in Italia, fatica molto di più a far sopravvivere l’impresa, figuriamoci poi a produrre margini di utile netto. Da qui discende, per logica naturale, l’esigenza della difesa personale e dell’impresa dall’oppressione fiscale. Per la sopravvivenza dell’impresa e del patrimonio dell’imprenditore, è necessario che il regime fiscale sia meno sanguinario.
Tuttavia, c’è più di un fattore da considerare quando si pianifica, LEGALMENTE, la riduzione delle imposte e delle tasse da soffrire. I bei vecchi tempi in cui il banchiere svizzero ritirava una borsa di contanti a casa del cliente sono finiti. I prestigiatori delle recessioni economiche cicliche si sono organizzati con una rete di banche e di giurisdizioni per mettere a nudo e in modo automatico qualunque iniziativa e attività imprenditoriale privata e per praticare lo spionaggio industriale sulle stesse, ma SOLO in quelle infelici aree del mondo in cui si è deciso di sottoscrivere i loro accordi fraudolenti.
È molto triste dover vedere ed ammettere che, tra queste, si sono associati all’impresa di spionaggio anche i paradisi fiscali storici, le banche svizzere, quelle di Singapore, di Hong Kong, di Panama e degli Emirati Arabi,
per esempio e non sorprende affatto, anzi, che tra i più solerti firmatari si abbiano i fantocci che scaldano le poltrone dei vari governi in Italia, che fanno a gara per chi fa più danni.
Per fortuna, però, non tutti hanno accettato questa sorta d’imposizione, quella dello scambio automatico delle informazioni riservate degli altri, e molti soggetti, in quasi un altro centinaio di nazioni diverse, tra le quali per esempio la Cambogia, o gli Stati Uniti d’America e molti altri nuovi paradisi fiscali, non hanno proprio in calendario nessuna intenzione di sottoscrivere il patto bancario di spionaggio industriale internazionale. Tornando al nostro problema della pianificazione fiscale e della residenza, la nazione di residenza fiscale di un operatore economico, o di un pensionato o di un qualunque altro cittadino del mondo, è un dato importante in questo ragionamento.
La pianificazione della residenza comporta la creazione di una residenza all’estero in modo da poter presentare un titolo legalmente valido per non subire l’oppressione fiscale nel luogo in cui si vive.
Un cittadino australiano, britannico, europeo o quasi chiunque altro purché non statunitense, può trarre vantaggio dalle pratiche di pianificazione della residenza fiscale, nonché dalla collocazione all’estero di parte del patrimonio o di tutto. Il concetto è semplice, la pianificazione e l’esecuzione comportano un po’ di tempo e lavoro. Anche Starbucks e Facebook impiegano persone nella loro grande sede in Irlanda per usufruire di tasse basse prima di spostare i profitti da paesi a tassazione bassa a paesi a tassazione zero.
Con questo in mente, ecco alcune importanti considerazioni per la pianificazione della residenza, che permetteranno di decidere come muoversi per ritrovarsi poi dove si è trattati meglio.
Il Domicilio
Il domicilio non è necessariamente lo stesso posto dove uno deve essere fisicamente presente. Se l’ultima residenza nota di una persona e la sua residenza fiscale si collocano nella nazione dove quella persona è vissuta e cresciuta, si presume che quella persona sia domiciliata lì, per impostazione predefinita delle sanguisughe dell’erario, e bisogna dimostrare che non lo si è.
Un problema che spesso ostacola le persone di buona volontà è la famiglia: se la moglie di un soggetto è residente ai fini fiscali da qualche parte, è probabile che anche il marito sia inizialmente considerato residente lì ai fini fiscali.
In molti paesi ad alta oppressione fiscale, bisogna spostare la residenza assieme al domicilio. Cambiare il luogo di domicilio è certamente fattibile ma implica stabilire legami nuovi.
La Residenza Fiscale
La residenza fiscale è il luogo in cui il dissanguato contribuente è tenuto a pagare le imposte e le tasse. Stabilire la residenza fiscale in paesi amici può essere una buona misura difensiva.
Un cittadino australiano, oltre ad essere residente e domiciliato in Australia, sarebbe anche fiscalmente residente in Australia. Rompendo i legami necessari, quell’australiano può anche perdere la sua residenza fiscale. Questo è il processo noto come “non-residenza fiscale” ed è una parte essenziale della riduzione legale del carico fiscale da sopportare.
In un certo senso, un cittadino statunitense non può mai diventare fiscalmente “non-residente” negli Stati Uniti d’America, tuttavia, può ottenere altre residenze fiscali e diventare residente ai fini fiscali altrove. Ciò potrebbe consentirgli di beneficiare di determinati trattati fiscali, ma per la maggior parte dei cittadini statunitensi c’è da scegliere tra imposte basse e molte scartoffie oppure rinunciare alla cittadinanza (il fenomeno dei cittadini statunitensi che rinunciano alla cittadinanza è in crescita negli ultimi anni).
In determinate situazioni, può avere senso stabilire la residenza fiscale in un paese che non aggredirà il reddito prodotto altrove (offshore), o che applicherà criteri e aliquote d’imposizione fiscale più moderati, rispetto a certe tirannidi dalle quali si proviene. In diversi casi, le persone ritenute residenti fiscali in Grecia, per un altro esempio, avevano bisogno di diventare residenti fiscali altrove per evitare di pagare le imposte in Grecia. Il solerte impiegato dell’ufficio delle entrate in Grecia, voleva letteralmente vedere un certificato di residenza fiscale di un altro paese.
La nazione di residenza fiscale non deve essere un luogo in cui trascorrere tutto il tempo, ma in alcuni paesi è possibile che si chieda di dimostrare di avere dei legami con quella nazione.
Individui assai ricchi hanno ottenuto la residenza fiscale in nazioni, nelle quali, per dimostrare di avere una risposta alla domanda “dove stai pagando le tasse?” Hanno risposto “QUI!” Stranamente, molti stati e/o nazioni ti consentono un “passi” se dici “Pago le tasse QUI”, anche se l’importo delle tasse pagate è zero.
Imposte in “uscita”
In alcune nazioni i corvi dell’erario applicano qualche trucco deterrente, obbligando i contribuenti a pagare un’imposta per poter rinunciare alla propria residenza fiscale oppure a continuare a pagare le imposte sul patrimonio e sul reddito, come se non fosse mai partito. Fatalmente, questi trucchi si applicano in alcuni stati degli Stati Uniti d’America, (per esempio il New Jersey) da dove, chiunque volesse rinunciare alla propria residenza fiscale e/o alla propria cittadinanza, è soggetto ad “un’imposta di uscita” se, il giorno della “rinuncia”, il valore del proprio patrimonio supera i 2 milioni di dollari.
Assicurazioni e pianificazioni patrimoniali
Chi deve gestire delle proprietà immobiliari, vorrà avvalersi di qualche consulenza sulla pianificazione patrimoniale, poiché, in alcune nazioni del mondo, chiedono conto delle imposte di successione anche a chi ha dimostrato di avere i requisiti per essere rimosso dal sistema delle imposte sul reddito.
Tuttavia, l’assicurazione fa indubbiamente parte dell’atto della pianificazione della residenza. Nella maggior parte dei paesi occidentali, i contribuenti hanno accesso all’assistenza sanitaria dichiarata “gratuita”, fornita dagli enti di stato. Nella maggior parte dei casi, l’assistenza sanitaria si perde quando si cambia la propria residenza attuale con una residenza estera.
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